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Marie-Claire
- Letto da: Laura Pierantoni
- Durata: 3 ore e 37 min
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Sintesi dell'editore
Come portati dalla mano di un fanciullo, entriamo nel mondo di Marguerite Audoux (Francia 1863/1937) e lo vediamo grazie agli occhi di Marie-Claire, occhi bambini, freschi, ingenui, senza filtri né mediazioni. Possiamo così "sbirciare" nei corridoi di un orfanotrofio femminile gestito dalle suore (dove l'autrice visse la sua infanzia e dove imparò a leggere, a scrivere e a cucire), nei dormitori, nel refettorio, e possiamo intuire le "ordite trame" che l'autrice bisbiglia discretamente al nostro orecchio. "Percorrevamo i corridoi alla velocità del vento e come una valanga, scendevamo i due piani di scale. Ogni tanto i miei piedi incontravano uno scalino, ma io scendevo quelle scale come se cadessi nel vuoto; Augustine aveva una mano ferma e mi teneva saldamente. Una mattina che non ce la facevo più a correre, caddi in ginocchio e lei mi rialzò con un ceffone urlandomi: "Muoviti che siamo davanti al cimitero!"".
Il racconto, poi, ci conduce in una fattoria della Sologne, dove l'adolescente Marie-Claire viene data in affido ad una famiglia di fattori: qui impara a condurre le greggi e ad occuparsi della fattoria. La Audoux ci restituisce così uno spaccato della vita rurale francese di fine ottocento. "All'inizio della primavera, la fattoressa mi insegnò come mungere le mucche e badare ai maiali: diceva che voleva far di me una brava contadina. Non potei fare a meno di ricordare la madre superiora e il disprezzo con cui mi disse: 'Mungerete le vacche e guarderete i porci!' Credeva che così mi avrebbe punito duramente e io invece ero così felice di prendermi cura delle bestie!".
Quando Marie-Claire tornerà, all'istituto della sua infanzia, ne saluterà gli affetti rimasti per ripartire, poi, alla volta di Parigi. Leggenda vuole che l'anno in cui l'autrice moriva, nel 1937, a Parigi nasceva una rivista mensile di moda che da questo piccolo capolavoro prese il nome: "Marie-Claire", romanzo che valse alla Audoux il prestigioso premio "Femina" nel 1910 e che sfiorò il grande riconoscimento del premio Goncourt (all'epoca il libro fu stampato in centomila copie e tradotto nelle principali lingue).