Gli Occhi della Storia

Di: Giornale Radio
  • Riassunto

  • La radio diventa narrazione nel racconto degli anniversari più importanti della storia. Ne "Gli Occhi della Storia” i giornalisti di Giornale Radio descrivono e contestualizzano i principali eventi del passato, per rivivere e comprendere appieno gli avvenimenti che hanno cambiato la nostra società. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
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  • L'ultimo viaggio di Jurij Gagarin | Gli Occhi della Storia
    Apr 12 2023
    A cura di Daniele Biacchessi Ci sono storie che attraversano la grande Storia, dal passato al presente. Ci sono storie dimenticate che la Storia riporta a galla d'improvviso. Quella dell'astronauta russo Jurij Gagarin riguarda un giorno di aprile di tanti anni fa, ma anche ciò che accade con il conflitto tra Russia e Ucraina. Questa è la storia di un uomo semplice, umile, che aveva volato nello spazio prima di chiunque altro, in quello che sarebbe stato il suo grande sogno che si è trasformato invece nel suo ultimo viaggio, in mezzo alla Guerra fredda che opponeva Stati Uniti e Unione Sovietica, negli anni della corsa agli armamenti e alla ricerca di un primato nello spazio. «Il panorama è assolutamente bello e nuovo... la superficie terrestre cambia colore mentre viene illuminata dal cielo nero, dove posso vedere benissimo le stelle». La voce è del primo cosmonauta della storia: Jurij Gagarin. È il 12 aprile 1961. Quella giornata, al cosmodromo di Bajkonur, nel Kazakistan, sembrava una come tante altre. Fino a quando, alla base della piattaforma di lancio “numero 1”, giunge un pullmino simile a quelli impiegati per gite turistiche. L’autoveicolo bianco e arancione, si ferma a breve distanza dalla piattaforma su cui è appoggiata la grande torre a tralicci metallica, che avvolge un razzo vettore noto come “Zemiorka”. Assieme al gigantesco reticolato metallico, vi sono alcune passerelle che conducono ai “punti nevralgici” del razzo, alto circa 40 metri. Dal pullmino escono due uomini rivestiti da una tuta di volo color arancione, e con un casco pressurizzato; salutano, e poi con repentino scatto chiudono il visore esterno dei loro caschi. Prima di entrare nell’ascensore saluta, agitando entrambe le braccia, i tecnici che lo hanno atteso e quelli che lo hanno accompagnato fino alla rampa, oltre al collega (German Titov) che invece è destinato a restare a terra, e che, di fatto, ha rappresentato la sua riserva. Quando l’ascensore raggiunge la parte più alta della torre, il cosmonauta attraversa il braccio metallico e giunge fino all’apertura di un piccolo boccaporto circolare, con il portellone aperto. Entra nel boccaporto e in poco tempo si sistema, disteso, sull’unico sedile posto all’interno della navicella, e posizionato sopra un seggiolino eiettabile. La navicella è la Vostok 1 (in russo: “Oriente”). Non si conosce, in quel momento, il nome di quel cosmonauta, ma entro un’ora lo saprà il mondo intero. Jurij Gagarin era nato il 9 marzo 1934 nel villaggio russo di Klušino, nella provincia di Smolensk. Era un pilota dell’aviazione russa, con un curriculum ideale per le richieste dei responsabili del programma russo. La selezione avvenne nel 1960. Il padre era un artigiano di falegnameria, e la mamma era contadina. Il primo cosmonauta della storia era sposato con un'infermiera, Valentina, di un anno più giovane di lui. All’epoca del suo storico, primo volo orbitale, Jurij era padre di due figlie, Elena e Galina, nata appena cinque settimane prima. Il razzo vettore accendeva i suoi motori e si lanciava nel cielo del Kazakistan, quando a Mosca erano le 9,07. Ecco il sonoro originali di quegli attimi memorabili. La ricostruzione di quegli attimi del film Gagarin - Primo nello spazio, Il filmato della partenza, molto suggestivo, venne diffuso al mondo soltanto sette anni dopo: « Pojechali!, Partenza!», comunica Gagarin, che in 10 minuti entra in orbita attorno alla Terra. «Il cielo – comunica da lassù Gagarin – lo vedo nero, totalmente nero, e vedo la Terra azzurra sotto di me». E prosegue: «Lungo l’orizzonte c’è una striscia di un arancione brillante che poi assume una sfumatura d’azzurro, e poi passa al nero. Quello che mi colpisce di più è quanto sembra vicina la Terra, anche da questa altezza». La Vostok 1 stava passando sopra l’America Latina, per poi procedere verso il Sud dell’Atlantico e l’Africa. Dopo un’orbita completa attorno alla Terra, avvenne il rientro, critico, negli strati atmosferici. A circa 7 chilometri si dispiega il paracadute provvisorio, seguito a 4 chilometri di quota dall’apertura di quello principale. Poi, alla stessa quota Gagarin si lancia fuori dalla capsula con il seggiolino eiettabile e scende a terra con il paracadute, a distanza di sicurezza dal punto di atterraggio della capsula. La discesa avvenne nella regione di Smelovska, a poca distanza da una mucca e da due contadini che dalla loro fattoria osservavano con stupore e incredulità. L’atterraggio con seggiolino eiettabile verrà confermato solo trent’anni dopo. Si temeva che, con atterraggio fuori dalla capsula, la missione non venisse omologata dalla Federazione Astronautica Internazionale. I giornali di tutto il mondo giudicarono l’impresa come “leggendaria”, e alcuni definirono Gagarin come «un Cristoforo Colombo dei tempi moderni ». Era iniziata così, con quella storica missione, una nuova era: quella dell’uomo nello spazio. ...
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    17 min
  • La giornata della memoria della Shoah | Gli occhi della storia
    Jan 27 2023
    A cura di Daniele Biacchessi Il 27 gennaio si celebra in tutto il mondo la giornata della memoria della Shoah che ricorda lo sterminio pianificato da parte nazista di milioni di ebrei, oppositori politici, minoranze. Il simbolo dell'Olocausto è la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. Vedo, racconto, e scrivo. Lo sguardo della Storia passa proprio dagli occhi dei testimoni, come quelli di Primo Levi che da sopravvissuto diventa poi lo scrittore della memoria dei campi di concentramento nazisti. Lui si ricorda quel giorno d'inverno di tanti anni fa. E' il 27 gennaio 1945. Sono le ore cruciali dell'avanzata americana e sovietica verso Berlino, il cuore del nazismo, dove Hitler e i suoi gerarchi sono sempre più accerchiati. Cadono ad uno ad uno i fronti di guerra e le truppe riunite intorno all'Asse (Germania, Italia, Giappone), lasciano sul campo una lunga scia di orrore e di morte. I soldati dell’Armata Rossa superano il cancello del campo di sterminio nazista di Auschwitz, già evacuato da alcuni giorni. Attraversano il grande cancello di ferro che porta la scritta “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi, la stessa che hanno visto 960 mila ebrei, 74 mila polacchi, 21 mila rom, 15 mila prigionieri di guerra sovietici e 10 mila persone di altre nazionalità sterminati in pochi anni dalle SS naziste. Quel giorno termina il più imponente sterminio di massa della storia avvenuto in un unico luogo. Ma Auschwitz non è il solo campo di concentramento messo in piedi da Adolf Hitler e Himmler. Paesi disseminati da lager, come spiega Primo Levi Per comprendere questa storia bisogna tornare indietro di qualche anno. Il 1 settembre 1939, la Germania nazista invade la Polonia scatenando la Seconda Guerra Mondiale. Dopo l’invasione dell’Unione Sovietica da parte dei tedeschi nel giugno 1941, le SS di Himmler praticano quella che viene chiamata la “soluzione finale”, l'eliminazione di massa di intere comunità di ebrei in Europa. Sempre nel 1941 vengono introdotte camere a gas mobili montate su autocarri e i nazisti costruiscono numerosi campi di sterminio come quello di Auschwitz, in Polonia. Fa parte di un complesso più grande che comprende anche il campo di sterminio di Birkenau e il campo di lavoro di Monowitz. Ad Auschwitz-Birkenau alla fine della primavera del 1943, funzionano quattro camere a gas che utilizzano la sostanza tossica nota come Zyklon B. Nell’estate del 1944, l’offensiva sovietica si spinge fino alla Vistola, 200 chilometri dal campo di concentramento di Auschwitz e inizia ad espandersi verso il cuore della Germania. Sono i giorni in cui Hitler e Himmler sentono il fiato sul collo e procedono con lo smantellamento del lager. Le forze sovietiche entrano nel campo di Majdanek, vicino a Lublino, Polonia, nel luglio del 1944. Nell’estate del 1944, l’Armata Rossa conquista anche le zone in cui si trovano i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka. Nel novembre del 1944, due mesi prima della liberazione, Himmler ordina la distruzione delle camere a gas di Birkenau rimaste ancora in funzione e il 17 gennaio 1945 ad Auschwitz viene fatto l’ultimo appello generale dei prigionieri. Le SS evacuano il campo a metà gennaio 1945. Migliaia di prigionieri vengono uccisi mentre altri, circa 60 mila, sono costretti a un’evacuazione forzata e a prendere parte a quelle che sarebbero poi divenute famose come “marce della morte”. Le marce procedono verso nord-ovest, fino a Gliwice, per 55 chilometri lungo i quali vengono raccolti anche i prigionieri dei sottocampi dell’Alta Slesia Orientale (Bismarckhuette, Althammer e Hindenburg), e verso ovest, per circa 60 chilometri, in direzione di Wodzislaw. Durante il cammino, le SS uccidono 15 mila prigionieri. Chi sopravvive viene invece caricato su treni merci e trasportato nei campi di concentramento in Germania. Si arriva all'epilogo finale. Il 27 gennaio 1945, verso mezzogiorno. Le prime truppe sovietiche del generale Kurockin varcano il cancello di Auschwitz, trovano 7 mila prigionieri lasciati nel campo. Magri, denutriti, molti sono bambini sotto gli otto anni. Un mucchio di cadaveri come ricorda Primo Levi. I sovietici trovano cumuli di vestiti e tonnellate di capelli pronti per essere venduti. E poi occhiali, valigie, utensili da cucina e scarpe. E vengono rinvenute fosse dove sono sepolti i resti di un pezzo di umanità. Da quel cancello di Auschwitz con la scritta lugubre “Arbeit macht frei” ci è passata anche Liliana Segrè e centinaia di migliaia di ebrei e oppositori politici provenienti da ogni parte d'Europa. I suoi sono gli occhi della Storia e della memoria sono gli occhi di una bambina. I suoi occhi hanno visto l'orrore a soli 13 anni, quando, il 30 gennaio 1944, viene portata al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano. Poi viene caricata su un treno merci. Infine viene deportata nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz e dall'inferno del nazismo. Oggi Liliana Segrè ha 90...
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    18 min
  • Charlie Hebdo | Gli Occhi della Storia
    Jan 7 2023
    L’attentato a Charlie Hebdo, una rivista di satira francese nel cuore di Parigi, è un episodio plateale che appartiene all’escalation del terrorismo nata dallo scontro tra due mondi. Il mondo fondamentalista da una parte e la democrazia dall’altra. Il pretesto era legato ad una serie di vignette su Maometto che fin dal 2006 avevano portato ad attentati alla sede del periodico e una stretta vigilanza della sede da parte della polizia. Prima di quel 7 gennaio 2015 la recrudescenza del terrorismo si era manifestata in particolare in Canada, Australia e la stessa Francia, creando già un senso di disagio tra la comunità. Quel giorno di gennaio alle 11:30 i terroristi armati entrano nella sede di Charlie Hebdo prendendo in ostaggio una disegnatrice e costringendola a rivelare il codice per entrare nella redazione. Una volta entrati urlano il consueto Allāhu Akbar, sparano a tutti e lasciano 12 vittime. La fuga dei terroristi entra nella storia per il protagonismo degli assassini che cercavano pubblicità, gloria e sangue, compiendo altri gesti ìnfami, come l’uccisione di un poliziotto a terra, anche se era un gesto gratuito e l’uomo si chiamava Ahmed Merabet, brigadiere di fede musulmana. I due terroristi ancora senza nome scappano, le televisioni trasmettono quelle immagini e tutto il mondo osserva con orrore mentre la polizia cerca di catturarli. I due giorni che seguono sono carichi di tensione e morte, qui ricostruiti dal TG2 Dal 2001 in avanti il terrorismo ha raggiunto lo scopo di terrorizzare ma soprattutto di creare imbarazzo e diffidenza. Per quanto si tratti di un attentato anomalo, proprio gli obbiettivi: dei vignettisti, ovvero artisti, intellettuali, non decisori politici, non soldati, nessuno che possa essere un reale pericolo per chi pretende di portare avanti una qualunque causa, crea nelle prime reazioni un sentimento di rabbia e di smarrimento. Le vittime infatti sono persone straordinarie, di grande talento, uccise in modo bestiale. La caccia intanto va avanti anche il 9 gennaio, con i terroristi in fuga che, apprenderemo quasi subito, sono fratelli e si chiamano Kouachi. Le inquadrature delle televisioni di tutto il mondo ritraggono il supermercato, la consapevolezza che da un momento all’altro potrebbe accadere qualcosa, spinge milioni di persone a seguire con apprensione le riprese di un’azione imminente. Questa è la testimonianza di una famiglia salernitana. Parla Antonio Trotta residente in Francia da tanti anni con la famiglia, il quale abita vicino alla zona e racconta dei terroristi asserragliati con gli ostaggi. I due fratelli Kouachi vengono uccisi nel pomeriggio durante l'irruzione nella tipografia dove si erano asserragliati. L’altro terrorista, Amedy Coulibaly, barricato nel supermercato Kosher, viene ucciso all'interno del supermarket dove teneva gli ostaggi. La prima ad essere colpita è una cassiera di soli 21 anni, ammazzata davanti a tutti per essere di religione o di origine ebraica, proprio come le altre vittime. Il fanatico fa in tempo a cancellare altre tre vite, con la minaccia di uccidere anche un bimbo di pochi mesi nel supermercato. La compagna di Coulibaly, Hayat Boumedienne, 26 anni, viene ricercata per essere interrogata come persona informata sui fatti, ma lei fugge e dal 2 gennaio 2015 vive in clandestinità per sfuggire alla condanna a 30 anni per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, coperta probabilmente dallo Stato Islamico. L’epilogo porta con sé polemiche furibonde che non risparmiano nessuno, a partire dai servizi segreti francesi che, come quelli americani nel 2001, sembrano colpevoli di un incredibile approssimazione, come sostiene il giornalista Carlo Panella Lo sostiene anche Andrea Marcelletti Consigliere per le Politiche di Sicurezza e di Contrasto al Terrorismo del Ministro della Difesa. Dietro ma anche ai lati di questo attentato ci sono sospetti, come sempre del resto, perché non è facile credere che, nonostante le tante informazioni, non si riesca a impedire preventivamente un evento del genere. L’idea è sempre che ci sia un complotto di mezzo, suggerendo implicitamente che si preferisca fingere di non sapere per avere il pretesto di fare delle azioni con interesse strategico. Lo si dice in ogni occasione, da Pearl Harbor all’attacco alle Torri Gemelle ma il tema è anche quello di una manipolazione dell’odio, diretto, guidato da Stati che speculano su questo sentimento per spingere migliaia di potenziali pedine a fungere da martiri, convinti come sono che uccidere chiunque sia persino un atto di eroismo. Sempre Carlo Panella sostiene come dietro ci sia una leva che parte da una cultura estremista degli stessi tribunali di quei Paesi I giorni che seguono creano un dibattito internazionale sulle origini del male, sulle cause che spingono gli estremisti a uccidere indiscriminatamente, privandosi di quel residuo di umanità e immolandosi per una causa che non rappresenta l’Islam. Per giorni e ...
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    20 min

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