• Riassunto

  • Tutto quello che è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese. Un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi.
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  • Chiavari, 6 maggio 1996 – Prima parte
    Nov 1 2024
    Dal 12 novembre tornano le “Dieci lezioni sul giornalismo”: un ciclo di incontri online a cui il Post lavora da alcuni anni per condividere e raccontare le cose che ha imparato sui giornali e sull’informazione, e per capire meglio le cose che ci succedono intorno: puoi iscriverti qui fino all'11 novembre. Ci sarà anche Stefano Nazzi, per raccontare come si scrive di indagini e processi e come si tratta di cronaca giudiziaria nel giornalismo italiano. Il 6 maggio 1996 a Chiavari, in provincia di Genova, fu assassinata una ragazza, Nada Cella. Aveva 24 anni. Fu uccisa nello studio di commercialista dove lavorava da cinque anni. Ai soccorritori fu comunicato che si era trattato di un incidente, il luogo dove era avvenuto il delitto non fu preservato, la scena del crimine fu irrimediabilmente contaminata, addirittura furono pulite con straccio e spazzolone le macchie di sangue trovate sul pianerottolo e sulle scale. L’arma del delitto non è mai stata trovata. L’omicidio di Nada Cella presentava molte caratteristiche in comune con quello di Simonetta Cesaroni, avvenuto in via Poma, a Roma, sei anni prima. Le indagini a Chiavari si concentrarono sul datore di lavoro della ragazza, il commercialista Marco Soracco, ma l’inchiesta non portò a nulla. Altre piste, e soprattutto una, furono sottovalutate o non considerate. L’omicidio di Nada Cella divenne così un cold case, un caso freddo, irrisolto. Solo nel 2021 l’inchiesta è stata ufficialmente riaperta. È stato chiesto il rinvio a giudizio di una donna, già indagata nel 1996, ma la richiesta è stata respinta dalla giudice per le indagini preliminari. Contro quella decisione la pubblico ministero che ha condotto la nuova indagine ha presentato appello. Il caso dell’omicidio di Nada Cella è ancora, ufficialmente, aperto. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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  • Chiavari, 6 maggio 1996 – Seconda parte
    Nov 1 2024
    Dal 12 novembre tornano le “Dieci lezioni sul giornalismo”: un ciclo di incontri online a cui il Post lavora da alcuni anni per condividere e raccontare le cose che ha imparato sui giornali e sull’informazione, e per capire meglio le cose che ci succedono intorno: puoi iscriverti qui fino all'11 novembre. Ci sarà anche Stefano Nazzi, per raccontare come si scrive di indagini e processi e come si tratta di cronaca giudiziaria nel giornalismo italiano. Il 6 maggio 1996 a Chiavari, in provincia di Genova, fu assassinata una ragazza, Nada Cella. Aveva 24 anni. Fu uccisa nello studio di commercialista dove lavorava da cinque anni. Ai soccorritori fu comunicato che si era trattato di un incidente, il luogo dove era avvenuto il delitto non fu preservato, la scena del crimine fu irrimediabilmente contaminata, addirittura furono pulite con straccio e spazzolone le macchie di sangue trovate sul pianerottolo e sulle scale. L’arma del delitto non è mai stata trovata. L’omicidio di Nada Cella presentava molte caratteristiche in comune con quello di Simonetta Cesaroni, avvenuto in via Poma, a Roma, sei anni prima. Le indagini a Chiavari si concentrarono sul datore di lavoro della ragazza, il commercialista Marco Soracco, ma l’inchiesta non portò a nulla. Altre piste, e soprattutto una, furono sottovalutate o non considerate. L’omicidio di Nada Cella divenne così un cold case, un caso freddo, irrisolto. Solo nel 2021 l’inchiesta è stata ufficialmente riaperta. È stato chiesto il rinvio a giudizio di una donna, già indagata nel 1996, ma la richiesta è stata respinta dalla giudice per le indagini preliminari. Contro quella decisione la pubblico ministero che ha condotto la nuova indagine ha presentato appello. Il caso dell’omicidio di Nada Cella è ancora, ufficialmente, aperto. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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  • Giarre, 17 ottobre 1980
    Oct 10 2024
    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Il 17 ottobre 1980 due ragazzi scomparvero a Giarre, in provincia di Catania: in città li chiamavano “gli ziti”, i fidanzati. Erano Giorgio Agatino Giammona, di 25 anni, e Antonio Galatola, di 15. I loro corpi vennero ritrovati il 31 ottobre in una zona, la Vigna del Principe, che era stata perlustrata nei giorni precedenti senza risultati. I giornali parlarono inizialmente di un doppio suicidio con il veleno. Dall’autopsia emerse che invece erano entrambi morti per colpi di pistola alla testa. Si parlò allora di omicidio-suicidio: il più grande, Giorgio Agatino Giammona, che in città era definito "puppu cu bullu", e cioè omosessuale patentato, aveva, secondo le cronache, ucciso Antonio Galatola per poi spararsi. La pistola venne però ritrovata distante dai corpi, parzialmente interrata. Dovette essere esclusa quindi anche l’ipotesi dell’omicidio-suicidio. Il giorno dei funerali, separati per volere delle famiglie, ci fu una confessione: Ciccio Messina, tredicenne, nipote di Galatola, disse di aver sparato ai due ragazzi e che erano stati loro stessi a chiedergli di farlo. Poi Messina ritrattò, disse che era stato obbligato a confessare ma le indagini vennero comunque dichiarate chiuse. Anche se lo stesso magistrato a cui per primo era stato assegnato il caso aveva molti dubbi sulla sua ricostruzione. Ciccio Messina aveva meno di 14 anni e quindi non era imputabile. Quel delitto provocò una forte reazione del movimento per i diritti delle coppie omosessuali e proprio dopo i fatti di Giarre nacque, in Sicilia, l’Arcigay che divenne più tardi movimento nazionale. In città, invece, di Giorgio Agatino Giammona e di Antonio Galatola non si parlò più. Solo recentemente è emersa fortemente una nuova ipotesi. Quello dei due ragazzi sarebbe stato un delitto omofobo ma anche d’onore. Qualcuno, all’interno delle due famiglie, non sopportava che Giorgio e Antonio si comportassero come una coppia, addirittura andando in giro mano nella mano, gettando così disonore sulle famiglie stesse. E Ciccio Messina sarebbe stato solo il capro espiatorio da sacrificare, perché non processabile. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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impeccabile

Ormai aspetto sempre il primo del mese per ascoltare la storia proposta.
racconto lineare, dettagliato sotto ogni aspetto, completo e coinvolgente.
valuterò l'iscrizione a il post grazie a Stefano Nazzi.

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Podcast entusiasmante e ben fatto

Podcast entusiasmante, molto interessante e fatto benissimo.
Complimenti davvero, ti lascia incollata agli auricolari.

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Molto coinvolgente

Stefano nazzi una garanzia, con la sua voce e la sua compente ti tiene attaccato alle cuffie.
Super consigliato

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Interessantissimo

Podcast davvero ben realizzato.
Il giornalista opta per un taglio più incentrato appunto sul corso indagini e del decorso giudiziario, impreziosendo con dettagli tecnici e non sempre molto azzeccati. Da non perdere

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coinvolgente

analisi dettagliata, precisa e chiara nell' esposizione. bravissimo il lettore/autore. consiglio vivamente a chi ama podcast di approfondimento

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Meraviglia...

Coinvolgimento totale, narrazione perfetta e analisi molto interessante. Consigliato a chiunque, senza distinzioni. C'è anche una sorpresa.... Un easter egg

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Uno dei podcast true crime meglio realizzati in italia. Narrazione ottima, contenuti interessanti, una prospettiva diversa dal solito.

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un vero professionista

Grande serietà nella ricostruzione. Contenuti interessantissimi. Consiglio anche a chi ha già seguito le vicende di ascoltare la voce di questo giornalista. È possibile seguirlo anche sulla rai in Delitti in famiglia.

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ottimo

Questo podcast è interessante, coinvolgente, preciso, ben documentato, obiettivo, serio, non morboso, scritto molto bene

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Essenziale

Ottimo l'ascolto, i fatti vengono spiegati in modo chiaro e rigoroso, interessante anche l'intervento di giornalisti esterni. Finora ho ascoltato solo l'episodio di via Poma, ma ho intenzione di scaricare anche tutti gli altri.

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