Sulla mafia siciliana si è detto e scritto tantissimo. Eppure, a decenni di distanza, ancora poco si sa di alcune delle vittime meno “famose” di Cosa Nostra. Persone comuni morte in circostanze ancora tutte da chiarire, la cui unica colpa è stata quella di essere loro malgrado entrate in contatto con capi criminali senza scrupoli. Per provare a dare a queste armisanti, anime in pena, un po’ di pace, il giornalista Gaetano Pecoraro ha cercato di ricostruire le loro vicende e fare luce sui tanti, troppi misteri che circondano la loro fine.
Attilio, Graziella, Nicola e Nino
La gente considera i capi mafiosi come delle persone invincibili, ma anche a questi uomini così potenti succedono cose che sfuggono alla loro mania di controllo: si ammalano, dimenticano un documento importante nel cappotto mandato a lavare in lavanderia, si innamorano di belle donne già impegnate.
Ed è così che le loro storie si intrecciano a quelle delle persone comuni. Persone come tutti noi: Attilio Manca, un medico brillante nato nel paese sbagliato; Graziella Campagna, una ragazza che lavora in una lavanderia e trova proprio quel pizzino maledetto in uno dei cappotti sporchi; Nicola Consales, il direttore di un hotel che si innamora proprio dell’amante del mafioso; Nino Agostino, un tranquillo poliziotto di periferia che però ha scoperto qualcosa che non avrebbe mai dovuto sapere.
Perché se anche ai boss succedono le stesse cose che a noi comuni mortali, quando Bernardo Provenzano si ammala non viene a chiederti la ricetta medica; quando Matteo Messina Denaro si innamora della tua fidanzata non ti parla per chiarire la situazione. I problemi, i contrattempi, i boss li risolvono a modo loro: ammazzando.
Le armisanti
Secondo un vecchio culto siciliano, chi aveva vissuto nel sangue una volta morto si sarebbe trasformato in uno spirito che, in attesa di redenzione, restava intrappolato sulla terra in mezzo a noi. Per guadagnarsi il paradiso, questi spiriti avrebbero dovuto proteggere e salvare i vivi da ogni violenza. Così, i fantasmi dei criminali diventavano tutori di quella legalità che non avevano rispettato da vivi. I diavoli si trasformavano insomma in angeli, in armisanti.
Ma le “anime sante” non sono solo quelle che in vita hanno sparso sangue e sofferenza nel mondo, come i boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, Tommaso Buscetta, Gerlando Alberti jr, Matteo Messina Denaro e Antonino Madonia, ma anche le loro vittime, ancora in attesa come in un eterno limbo di ottenere giustizia per i loro casi irrisolti.
Il podcast: autore, episodi e storie
Armisanti! Vite mafiose e morti ordinarie si compone di 9 episodi da 40 minuti circa, nei quali Gaetano Pecoraro, con l’aiuto di Alessia Rafanelli, ricostruisce e approfondisce le vicende di quattro casi simbolo delle spietate logiche della mafia in Sicilia, casi ancora aperti e oggetto di terribili depistaggi.
Chi è Gaetano Pecoraro
Palermitano, classe 1984, il giornalista Gaetano Pecoraro si è occupato di politica, mafia, giustizia e società per diverse redazioni locali e nazionali; è stato inviato di diversi programmi televisivi e ha vinto vari premi per il suo lavoro e le sue inchieste, tra cui quelle sui militari italiani vittime dell’uranio impoverito, l’impatto globale dei pesticidi e la copertura dell’attacco chimico del 2017 in Siria. E’ da sempre in prima linea contro le mafie.
Episodi 1 e 2: il medico di Provenzano
Attilio Manca è un giovane medico siciliano e ha davanti a sé un futuro brillante: è infatti il primo medico italiano ad aver rimosso un tumore alla prostata senza necessità di aprire il paziente. Purtroppo però, a soffrire del cancro che Attilio cura è anche un malato “illustre”: il boss latitante Bernardo Provenzano. Quando scopre di essere malato, Provenzano si attiva subito per trovare il migliore dei medici che possa curarlo ma, soprattutto, mantenere il silenzio e permettergli di continuare a governare i suoi affari indisturbato dal suo nascondiglio. E così, i destini del boss e del medico si intrecciano e si capovolgono: il vecchio Binnu guarisce, mentre il giovane Attilio muore. Un’overdose di eroina e psicofarmaci si dice, eppure la versione ufficiale non quadra per niente; nonostante le circostanze poco chiare della morte, il caso viene archiviato, almeno fino al 2006, quando Provenzano viene arrestato. Qualcuno allora inizia a parlare, e si scopre che a uccidere Attilio non è stata l’eroina...
Episodi 3 e 4: la giovane stiratrice e il pizzino
Graziella Campagna è nata alla fine degli anni ‘80 a Saponara, un paese di 3000 anime in collina, vicino a Messina. La sua è una famiglia molto numerosa, sono 8 fratelli e vivono un’infanzia serena circondati dall’affetto dei genitori. A 17 anni, Graziella è una giovane donna simpatica e gentile che sogna il principe azzurro e lavora in una lavanderia. La sua vita sembra estranea a quello che succede nel resto d’Italia, un paese sconvolto dal terrorismo, almeno fino al giorno in cui, nelle tasche del cappotto di un ricco cliente, scopre un foglietto che contiene informazioni incandescenti. Pochi giorni dopo, la ragazza viene rapita, torturata e uccisa. E’ il 1985 e, a parte Graziella, scompaiono anche due dei clienti abituali della lavanderia. Sono loro ad averla barbaramente uccisa, ma questo si scoprirà solo molto tempo dopo, così come la loro vera identità: non si tratta di un geometra e un ingegnere anonimi, ma di due pericolosi latitanti che si nascondevano sotto falsa identità nella provincia di Messina.
A scoprirlo è il carabiniere Piero Campagna che, determinato a saperne di più sulla morte della sorella, decide di mettersi a indagare per conto suo e provare a buttare giù il muro di omertà che è stato costruito intorno alla vicenda di Graziella.
Episodi 5 e 6: il triangolo amoroso con il boss
L’ultima foto scattata a Matteo Messina Denaro, uno dei latitanti più ricercati al mondo e tra i criminali più ricchi del pianeta, prima che sparisse nel nulla è rimasta una delle più celebri della storia della mafia. Lo ritrae giovane, elegantissimo, con un mezzo sorriso e gli occhiali da sole a goccia che non toglieva mai. Oggi, il padrino di Castelvetrano con la passione per la bella vita, che ha sulle spalle diversi ergastoli per varie stragi e per l’omicidio di un bambino rapito e sciolto nell’acido, dovrebbe avere 58 anni e tutti lo cercano.
Tra le cose che sappiamo di lui c’è che a Matteo piacevano così tanto le donne da essere andato per loro contro il suo primo amore, Cosa Nostra. Messina Denaro usò infatti il suo potere per risolvere una questione privata: nel 1991 fece uccidere Nicola Consales, il vicedirettore dell’hotel dove andava a fare festa, perché aveva osato mettere gli occhi sulla sua fidanzata. A quei tempi, Matteo era solo un ventenne a cui piaceva divertirsi e bere champagne al Paradise Beach Hotel. E così, la sua strada si incrociò con quella dell’onesto Nicola, ucciso nel vialetto di casa sua. Dopo più di trent’anni dalla sua morte, la famiglia sta ancora chiedendo giustizia.
Episodi 7, 8 e 9: l’anonimo poliziotto e il cacciatore di latitanti
Nino Agostino è morto il 5 agosto 1989, a soli 20 anni, insieme alla moglie incinta di cinque mesi, vicino al luogo dove 3 anni dopo esploderà anche la macchina di Giovanni Falcone. I due episodi sembrano non avere relazione alcuna tra di loro, e invece c’è qualcosa che li unisce profondamente. Nonostante per tutti fosse un normalissimo agente di polizia di un commissariato di provincia, Nino in realtà svolgeva indagini sotto copertura e collaborava anche con il magistrato antimafia per eccellenza: Giovanni Falcone. Forse, durante le sue indagini, aveva scoperto informazioni sulla mafia che nessuno doveva sapere; quello che è certo è che nessuno è stato condannato per la sua morte e che ancora oggi non ci sono certezze su cosa gli sia successo. Tra i tanti misteri c’è quello di “faccia da mostro”, un personaggio dal volto sfigurato che viene collegato all'omicidio e che sembra essere coinvolto anche nelle principali stragi italiane.
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