1. Niccolò Ammaniti
Niccolò Ammaniti nasce a Roma nel 1966, studia Biologia ma non finisce il corso di studi; sembra che Branchie!, il suo primo romanzo, sia proprio un adattamento dell’idea che avrebbe sviluppato nella tesi di laurea. Nel 2001 pubblica il libro che gli dà fama internazionale, Io non ho paura, e che ispira il regista Gabriele Salvatores per un film. Sono ben cinque i romanzi di Ammaniti che sono stati portati sul grande schermo e una tematica ricorrente delle sue storie è l’adolescenza.
Io e Te è la storia di Lorenzo, un introverso quattordicenne che si rinchiude in una cantina, di nascosto dagli adulti e all’insaputa di tutti, per scappare da ciò che lo infastidisce nella vita quotidiana: i compagni di scuola con cui non si integra, i genitori che non lo capiscono e un mondo dalle regole per lui inafferrabili e che per qualche giorno vuole lasciare dall’altro lato di una porta. Ma una persona speciale viene a rompere la pace di quel bunker segreto e lo obbliga a togliersi la maschera da adolescente complicato. Un romanzo di formazione che ha ispirato l’omonimo film di Bertolucci.
Lorenzo, un quattordicenne introverso e un po' nevrotico, si è barricato in cantina dove conta di passare di nascosto la sua settimana bianca, mentre tutti lo credono in montagna. Al riparo da ogni conflitto, dai compagni di scuola, dalle commedie quotidiane: ecco il suo sogno di felicità. Ma l'arrivo improvviso di Olivia, la sorellastra piena di ruvida vitalità e di problemi, lo costringe a rivedere i suoi piani e ad accettare il gioco caotico della vita là fuori. Nel 2012 da questo romanzo Bernardo Bertolucci ha tratto il film omonimo.
2. Elena Ferrante
Di Elena Ferrante si è parlato tantissimo senza sapere davvero chi sia. Di questa autrice non si è infatti mai visto il volto e non si è nemmeno sicuri che si tratti di una donna, potrebbe essere un uomo oppure una coppia di scrittori che si nascondono dietro ad uno pseudonimo; una teoria che comunque non è stata né confermata né smentita dalla Ferrante. Si sa che è nata e cresciuta a Napoli, città in cui ambienta molti dei suoi romanzi. Nel 2002 pubblica I giorni dell’abbandono, che ha successo anche grazie alla trasposizione cinematografica ad opera di Roberto Faenza. Tuttavia, la sua fama raggiunge paesi di tutto il mondo con la quadrilogia de L’amica geniale, racconto basato sull’amicizia tra due bambine che crescono fino a diventare donne con sullo sfondo la storia di Napoli e dell’Italia dagli anni ‘40 ad oggi.
L’amore molesto è il primo romanzo della Ferrante, ed è la storia della relazione di Delia, la protagonista e narratrice in prima persona, con sua madre Amelia, che viene trovata morta affogata il giorno del compleanno della figlia. A partire da questo evento tragico Delia ha occasione di riscoprire la vera storia di sua madre, mentre cerca di capire cosa possa essere successo la notte in cui è morta. Una trama basata sulla ricerca della propria identità nel rapporto madre-figlia che non può venire spezzato neanche dalla morte e che viene raccontata dall’autrice in modo brillante, riuscendo a portare il lettore a perdersi per le strade napoletane ostili e soffocanti.
Che cosa è accaduto ad Amalia? Chi c'era con lei la notte in cui è morta? È stata davvero la donna ambigua e incontentabile che sua figlia si è sempre immaginata?
L'indagine di Delia si snoda in una Napoli plumbea che non dà tregua, trasformando una vicenda di quotidiani strazi familiari in un thriller domestico che mozza il respiro.
3. Donato Carrisi
Si laurea in giurisprudenza come tutti i Donato della sua famiglia e con una tesi su il Mostro di Foligno, si forma successivamente in Criminologia e Scienze del Comportamento; ma Donato Carrisi non è felice facendo l’avvocato e preferisce dedicarsi alla sceneggiatura e successivamente alla scrittura di romanzi. Oggi collabora con Il Corriere della Sera e scrive copioni e opere teatrali. Con Il suggeritore, il suo romanzo di esordio, vince il Premio Bancarella, mentre grazie al libro La ragazza nella nebbia viene premiato con un David di Donatello; sì, proprio un premio cinematografico, perché Carrisi oltre ad essere l’autore della storia è anche il regista del film in cui il protagonista è interpretato da Toni Servillo.
Una ragazza scompare in un paese di montagna sulle Alpi e subito si precipitano i mezzi di comunicazione a dare risalto al caso. L’ispettore Vögel non dà troppa importanza alle prove che man mano vengono raccolte e fa ciò che gli riesce meglio, trasformare l’accaduto in un gran caso mediatico per manovrare giornalisti e riuscire a incastrare così il vero assassino. La ragazza nella nebbia è un giallo ricco di colpi di scena che coinvolge dall’inizio alla fine.
"La giustizia non fa ascolti. La giustizia non interessa a nessuno. La gente vuole un mostro... E io le do quello che vuole". La notte in cui tutto cambia per sempre è una notte di ghiaccio e nebbia ad Avechot, un paese rintanato in una valle profonda fra le ombre delle Alpi. Forse è stata proprio colpa della nebbia se l'auto dell'agente speciale Vogel è finita in un fosso. Un banale incidente. Vogel è illeso, ma sotto shock. Non ricorda perché è lì e come ci è arrivato. Eppure una cosa è certa: l'agente speciale Vogel dovrebbe trovarsi da tutt'altra parte, lontano da Avechot.
Infatti, sono ormai passati due mesi da quando una ragazzina del paese è scomparsa nella nebbia. Due mesi da quando Vogel si è occupato di quello che, da semplice caso di allontanamento volontario, si è trasformato prima in un caso di rapimento e, da lì, in un colossale caso mediatico. Perché è questa la specialità di Vogel. Non gli interessa nulla del dna, non sa che farsene dei rilevamenti della scientifica, però in una cosa è insuperabile: manovrare i media. Attirare le telecamere, conquistare le prime pagine. Ottenere sempre più fondi per l'indagine grazie all'attenzione e alle pressioni del "pubblico a casa".
Santificare la vittima e, alla fine, scovare il mostro e sbatterlo in galera. Questo è il suo gioco, e questa è la sua "firma". Perché ci vuole uno come lui, privo di scrupoli, sicuro dei propri metodi, per far sì che un crimine riceva ciò che realmente gli spetta: non tanto una soluzione, quanto un'audience. Sono passati due mesi da tutto questo, e l'agente speciale Vogel dovrebbe essere lontano, ormai, da quelle montagne inospitali. Ma allora, cosa ci fa ancora lì? Perché quell'incidente? Ma soprattutto, visto che è illeso, a chi appartiene il sangue che ha sui vestiti?
Donato Carrisi ci ammalia con una storia scritta di getto, senza più il giorno e la notte: un romanzo che si imprime con forza nei nostri cuori e sfida le nostre paure.
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4. Paolo Cognetti
Paolo Cognetti è un milanese nato nel 1978 che ha studiato matematica all’università e letteratura americana da autodidatta. La passione per quest’ultimo argomento lo ha portato a girare una serie di documentari e a scrivere storie e due guide personali su New York. Ma Paolo Cognetti è famoso per il suo amore per la montagna: durante diversi mesi dell’anno si trasferisce infatti a vivere a quota 2.000 metri ed è qui dove trova l’ispirazione per scrivere i suoi libri spesso ambientati proprio sulle vette.
Nel 2016 ha pubblicato il suo primo vero romanzo, Le otto montagne che si è aggiudicato il Premio Strega ed è stato poi venduto in 30 paesi. La storia tratta il forte legame e la relazione intima che intrattengono con la vita di montagna Pietro, un ragazzo cresciuto in città, i suoi genitori e Bruno, un coetaneo che non è quasi mai uscito dal paesino sulle vette in cui è nato. Un romanzo che utilizza gli ideali montanari come metafora in cui trovare la libertà, la felicità e il proprio posto nel mondo; una storia che difende la solitudine e la vita a contatto con la natura, spazio in cui l’uomo può ritrovarsi, lontano dalle imposizioni, spesso false, del progresso della civiltà.
Vincitore Premio Strega 2017
Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia.
I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l'orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia.
Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo "chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l'accesso" ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento. E li, ad aspettarlo, c'è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche.
Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, "la cosa più simile a un'educazione che abbia ricevuto da lui". Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito più vero: "Eccola li, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino". Un'eredità che dopo tanti anni lo riavvicinerà a Bruno.
5. Gianrico Carofiglio
Magistrato e politico italiano, Gianrico Carofiglio nasce a Bari nel 1961, si laurea in Giurisprudenza e dopo una brillante carriera che lo porta ad essere procuratore anti mafia viene nominato senatore nel 2008. Carofiglio è anche autore di romanzi di genere giuridico-poliziesco in cui le trame, con l’avvocato Guerrieri come protagonista, ruotano intorno a investigazioni e processi mentre parallelamente trattano temi sociali. Oltre ai romanzi che lo hanno reso famoso come Il passato è una terra straniera, da cui è stato tratto un film di Daniele Vicari, Carofiglio ha scritto anche saggi come L’arte del dubbio che analizza il concetto di verità e approfondisce l’abilità del domandare.
Le tre del mattino è un romanzo di formazione che narra gli avvenimenti che accadono in due giorni e due notti a un diciottenne e suo padre quando vengono obbligati a non dormire per 48 ore. In questo breve lasso di tempo si trovano a mettersi a nudo e a instaurare un dialogo come non avevano mai fatto prima e che li porta a districare i nodi che avevano caratterizzato fino ad allora il loro rapporto. Per la prima volta Carofiglio ambienta una storia in una città estera, Marsiglia.
Antonio è un liceale solitario e risentito, suo padre un matematico dal passato brillante; i rapporti fra i due non sono mai stati facili. Un pomeriggio di giugno dei primi anni Ottanta atterrano a Marsiglia, dove una serie di circostanze inattese li costringerà a trascorrere insieme due giorni e due notti senza sonno.
È così che il ragazzo e l'uomo si conoscono davvero, per la prima volta; si specchiano l'uno nell'altro e si misurano con la figura della madre ed ex moglie, donna bellissima ed elusiva. La loro sarà una corsa turbinosa, a tratti allucinata a tratti allegra, fra quartieri malfamati, spettacolari paesaggi di mare, luoghi nascosti e popolati da creature notturne. Un viaggio avventuroso e struggente sull'orizzonte della vita.
L'ultimo lavoro di Gianrico Carofiglio, interpretato dalla voce dell'autore stesso, unica ed inconfondibile.
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6. Rosella Postorino
Rosella Postorino ha origini calabresi, è cresciuta in Liguria e ora abita a Roma. Lavora nell’editoria dal 2003 ed ha esordito nella narrativa un anno dopo con il racconto In una capsula. Grazie a Le assaggiatrici ha vinto il Premio Campiello nel 2018. Tra gli autori che più apprezza cita José Saramago, Agota Kristof e Ingeborg Bachmann.
Dopo aver letto in un trafiletto di un giornale la storia di Margot Wölk, Rosella Pastorino sente il bisogno di conoscerla in persona, ma non ci riesce perché questa anziana signora tedesca di 96 anni muore poco prima che le due riescano ad organizzare un incontro. Per questo decide di scrivere Le assaggiatrici, una storia che ha come protagonista Rosa Sauer, personaggio ispirato a lei, Margot Wölk, una delle assaggiatrici di Hitler che per tre volte al giorno, mentre la popolazione tedesca moriva di fame, aveva il privilegio di mangiare prelibatezze cucinate per il Führer ma rischiando ogni volta di morire, nel caso fossero state avvelenate. Attraverso la storia di questa donna l’autrice cerca di capire che cosa ci renda davvero umani e analizza il sottile confine tra la colpa e l’innocenza.
Vincitore del Premio Campiello 2018
La prima volta in cui Rosa Sauer entra nella stanza in cui dovrà consumare i suoi prossimi pasti è affamata. "Da anni avevamo fame e paura", dice. Siamo nell'autunno del 1943, a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo, il nascondiglio di Hitler. Ha ventisei anni, Rosa, ed è arrivata da Berlino una settimana prima, ospite dei genitori di suo marito Gregor, che combatte sul fronte russo.
Le SS posano sotto ai suoi occhi un piatto squisito: "mangiate" dicono, e la fame ha la meglio sulla paura, la paura stessa diventa fame. Dopo aver terminato il pasto, però, lei e le altre assaggiatrici devono restare per un'ora sotto osservazione in caserma, cavie di cui le SS studiano le reazioni per accertarsi che il cibo da servire a Hitler non sia avvelenato.
Nell'ambiente chiuso di quella mensa forzata, sotto lo sguardo vigile dei loro carcerieri, fra le dieci giovani donne si allacciano, con lo scorrere dei mesi, alleanze, patti segreti e amicizie. Nel gruppo Rosa è subito la straniera, la "berlinese:" è difficile ottenere benevolenza, tuttavia lei si sorprende a cercarla, ad averne bisogno. Soprattutto con Elfriede, la ragazza più misteriosa e ostile, la più carismatica.
Poi, nella primavera del '44, in caserma arriva un nuovo comandante, Albert Ziegler. Severo e ingiusto, instaura sin dal primo giorno un clima di terrore, eppure - mentre su tutti, come una sorta di divinità che non compare mai, incombe il Führer - fra lui e Rosa si crea un legame speciale, inaudito.
Con una rara capacità di dare conto dell'ambiguità dell'animo umano, Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Proprio come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l'istinto antieroico di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.
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7. Marco Balzano
Milanese e attualmente insegnante di lettere nei licei del capoluogo lombardo, Marco Balzano si è dedicato alla poesia e alla letteratura fin da giovane. Conclude il dottorato di ricerca con una tesi su Leopardi che vince il Premio Centro Nazionale di Studi Leopardiani; esordisce nel 2017 con una raccolta di poesie mentre nel 2010 pubblica Il figlio del figlio, il suo primo romanzo.
Resto qui racconta di come la “storia” individuale di Trina, una maestra che si ritrova senza lavoro quando Mussolini vieta a chi parli tedesco di lavorare, rappresenti una piccola grande battaglia nell’opporsi alla “Storia“ del periodo italiano che va dall’ascesa del Fascismo fino agli anni ‘60 in Sud Tirolo. L’autore ha spiegato in varie interviste che è stata un’immagine a evocare questo romanzo narrato in prima persona dalla protagonista, quella di un campanile che affiora dal Lago di Resia, a Curon Venosta, e che è proprio la foto che compare sulla copertina del libro.
L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare.
Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte.
Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che cattura fin dalla prima pagina.
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8. Giorgio Faletti
Attore, comico, compositore, cantante e scrittore di gialli, Giorgio Faletti si è saputo reinventare diverse volte nella vita dimostrando di avere talento in svariati ambiti. Nasce ad Asti nel 1950 ed inizia la sua carriera come cabarettista al famoso Derby di Milano; debutta poi in televisione interpretando personaggi comici indimenticabili. Contemporaneamente si avvicina al mondo della musica ed avvia un’attività di cantautore che lo porta a pubblicare dischi e a partecipare al Festival di Sanremo. Il romanzo giallo che pubblica nel 2002 Io uccido inaugura la sua carriera di scrittore ed è un record di vendite, eguagliato solo, anni prima, da Il Nome della rosa di Eco.
La piuma è l’ultima opera di Faletti, morto nel 2014 per una malattia. Si tratta di un breve racconto composto da varie storie. Il lettore si ritrova a seguire il percorso di una piuma che svolazzando si poggia su personaggi e oggetti permettendogli di sbirciare situazioni che rappresentano le bassezze a cui gli uomini possono arrivare. Una serie di spaccati di vita non del tutto convenzionali che portano a riflettere sul senso dell’esistenza e sui comportamenti degli esseri umani. Un racconto originale e a tratti triste e dolente con cui Faletti dice addio ai suoi lettori.
Giorgio Faletti si accomiata dai suoi ascoltatori con la sua opera più bella, originale e dolente. Una favola morale, che accompagna l'ascoltatore attraverso le piccole, meschine, ignoranti bassezze degli uomini, sino a comprendere, attraverso il più innocente e semplice degli sguardi, il senso profondo delle cose. Del loro ruolo. E della fine.
Seguiamo una piuma mentre traccia il suo invisibile sanscrito nel cielo, la vediamo posarsi sul tavolo dove il Re e il Generale tracciano i piani per la battaglia per la conquista di Mezzo Mondo, noncuranti di chi poi dovrà combatterla; ascoltiamo insieme a lei i tentativi del Curato di intercedere a favore dei contadini con il Cardinale privo di fede; attratti da una dissonante melodia volteggiamo dentro al Teatro, per assistere allo spettacolo meraviglioso e crudele della Ballerina dal cuore spezzato: il nostro volo ci porterà a conoscere altri, sventurati personaggi finché la piuma non incontrerà lo sguardo dell'unico che saprà capire quello che nessuno prima aveva compreso.
Introduzione di Roberta Bellesini Faletti.
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9. Paolo Giordano
Paolo Giordano nasce nel 1982 a Torino, ottiene laurea e dottorato in fisica e a soli 26 anni pubblica il primo romanzo che lo porta al successo, La solitudine dei numeri primi, un debutto letterario che gli fa vincere il Premio Strega (Giordano è l’autore più giovane ad averlo mai ottenuto). Dal romanzo viene tratto l’omonimo film diretto da Saverio Costanzo. Dopo aver cavalcato l’onda del successo, trascorsi mesi all’insegna di presentazioni, interviste e letture pubbliche, Giordano attraversa la crisi di dover scrivere un’altra opera che sia all’altezza della prima. Grazie a un viaggio in Afghanistan, in cui ha l’occasione di vivere a stretto contatto con i soldati di una base militare italiana, trova ispirazione per scrivere Il corpo umano.
È Alba Rohrwacher, l'attrice che interpreta Alice, la protagonista di libro e film La solitudine dei numeri primi a leggere l’audiolibro dell’ultimo romanzo di Giordano, Divorare il cielo. Per questo autore l’infanzia e l’adolescenza rappresentano il momento determinante in cui si formano caratteri, peculiarità, pregi e psicosi di quella che sarà l’età adulta. Lo scrittore tratta tale argomento nel suo primo romanzo e anche in questo il cui titolo rappresenta l’ambizione onnipotente dei giovani personaggi Teresa e Bern che attraversano le crisi esistenziali proprie di questa fase della vita.
Quei tre ragazzi che si tuffano in piscina, nudi, di nascosto, entrano come un vento nella vita di Teresa. Sono poco più che bambini, hanno corpi e desideri incontrollati e puri, proprio come lei. I prossimi vent'anni li passeranno insieme nella masseria lì accanto, a seminare, raccogliere, distruggere, alla pazza ricerca di un fuoco che li tenga accesi.
Al centro di tutto c'è sempre Bern, un magnete che attira gli altri e li spinge oltre il limite, con l'intensità di chi conosce solo passioni assolute: Dio, il sesso, la natura, un figlio.
10. Oriana Fallaci
Oriana Fallaci nasce nel 1929 a Firenze e cresce nell’Italia di Mussolini influenzata dal padre partigiano e antifascista. Anche lei lotta con i partigiani e dopo la guerra inizia a studiare Medicina per poi formarsi come giornalista. La sua fama cresce grazie al suo impegno come corrispondente di guerra per un giornale (fu la prima donna italiana a diventarlo) e grazie alle interviste a personaggi importanti. Vive negli Stati Uniti e lavora come professoressa nelle università di Chicago, Harvard e Columbia. È scomparsa nel 2006 a Firenze.
Nel 1975 pubblica Lettera a un bambino mai nato, libro che divenne da subito un punto di riferimento della letteratura sull’aborto, a quei tempi ancora molto povera. Il testo ha un trasfondo autobiografico dato che Oriana Fallaci perse il figlio che aspettava dal marito Alexandros Panagulis. Tuttavia, l’autrice non dà all’opera il taglio di una testimonianza ma quello di una meditazione letteraria analizzando in profondità le inquietudini che qualsiasi donna può dover affrontare, posta di fronte a una gravidanza o alla decisione di diventare o no madre. Il risultato è una riflessione lucida, diretta, libera di pregiudizi e che è tuttora attuale. L’audiolibro viene letto dalla stessa Oriana che dà alla narrazione un tocco forte, dolce e coinvolgente.
"Non sono io la donna del libro. Tutt'al più le assomiglio, come può assomigliarle qualsiasi donna del nostro tempo che vive sola e che lavora e che pensa. Proprio per questo, perché ogni donna potesse riconoscersi in lei, ho evitato di darle un volto, un nome, un indirizzo, un'età."
Così Oriana Fallaci in occasione della pubblicazione nel 1975 di "Lettera a un bambino mai nato", il monologo di una donna che aspetta un figlio e che guarda alla maternità non come un dovere ma come una scelta personale e responsabile. In un'analisi di esemplare razionalità che fa ricorso a una lingua tersa ed essenziale, senza mai rinunciare alla consueta passione, la Fallaci interroga la propria coscienza affrontando il fondamento della natura femminile. Basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Ed è giusto sacrificare una vita già fatta a una vita che ancora non è?
Il libro supera i dilemmi legati al dibattito sull'aborto, si impone all'attenzione dei lettori del mondo intero ed è oggi considerato un classico della letteratura di tutti i tempi e Paesi.