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Stefano Nazzi racconta Il volto del male

Stefano Nazzi racconta Il volto del male

Mi chiamo Stefano Nazzi, faccio il giornalista da tanti anni. Nel corso della mia carriera mi sono occupato di storie che nel tempo vi sono diventate familiari e altre che potreste non aver mai sentito nominare. Storie di cronaca, di cronaca nera, cronaca giudiziaria…


Se questo incipit ti suona familiare, significa che sei tra le migliaia di persone che ogni mese aspettano con ansia un nuovo episodio di Indagini, l’iconico podcast true crime del giornalista de Il Post Stefano Nazzi. Il suo successo è legato a uno stile inconfondibile, un modo di raccontare la cronaca nera preciso, chiaro e sobrio, che rifugge la spettacolarizzazione e si prende il tempo necessario per ricostruire e spiegare tutto quello che è avvenuto intorno a un delitto o a un caso di cronaca.

Dopo il successo del podcast, è arrivato anche il libro; Il volto del male è uscito nella primavera del 2023, e su Audible è ora disponibile l’audiolibro, letto da Nazzi. Dieci casi mai ascoltati prima, selezionati dall’autore per svelare il vero volto del male.

Il volto del male

Abbiamo intervistato Stefano Nazzi per parlare del contenuto del libro e più in generale di cronaca nera e della sua relazione con le diverse modalità di narrazione.


Stefano, cos’hanno in comune tutti i “volti del male” che hai raccontato nel libro?

Sono molti volti del male, persone con provenienze diverse, sociali, culturali, territoriali. Hanno però un tratto in comune: la totale mancanza di empatia verso il resto dell’umanità, l’incapacità di considerare importanti gli altri oltre che sé stessi, spesso il narcisismo che li porta a considerarsi al centro del mondo. La convinzione che nulla debba e possa ostacolare i propri desideri, le proprie ambizioni, i propri anche piccoli obiettivi. Poi certo, tra queste persone ci sono anche quelle malate, quelle che poi vengono riconosciute nei processi incapaci, o parzialmente incapaci, di intendere e di volere.

C’è l’idea comune che le persone che fanno del male, che uccidono, siano sempre dei “pazzi”, qualsiasi cosa questo voglia dire, probabilmente perché dire che sono persone come noi fa troppa paura ed orrore. Ma è sempre così, o c’è qualcuno che fa del male solo per il gusto di farlo, essendo perfettamente sano di mente?

Purtroppo, esistono anche persone cattive, perfettamente lucide che provano gratificazione nel fare del male ad altri esseri umani. Ted Bundy, uno dei più crudeli serial killer americani, aveva due lauree, era considerato brillante, perfettamente integrato nella sua comunità. Non gli venne riscontrato nessun disturbo di tipo psichiatrico. Disse in tribunale: «Ci chiamate mostri, ma noi siamo i vostri mariti, i vostri figli».

Ted Bundy

Com’è stata l'esperienza di narratore del tuo libro?


È stata un’esperienza molto bella, e molto faticosa. Non sono un attore, è difficile mantenere un tono costante e adatto a tutta la lettura.


Quanto è difficile sintetizzare casi complessi in poche pagine, o nel caso del podcast, in pochi minuti e come ci riesci senza rischiare di non fornire il contesto completo?


È il lavoro più complicato. Il materiale utile per questi casi è spesso molto consistente: atti, testimonianze, sentenze, ricostruzioni, interviste. La cosa più difficile è poi fare una sintesi, estrarre da tutto il materiale ciò che è davvero importante. Però bisogna sempre tenere presente il contesto, richiamarlo sempre, non lasciare nessun punto che possa non essere compreso dal lettore.

Tra i casi descritti nel libro, qual è quello che ti ha sconvolto di più e perché?

È forse la storia di Angelo Izzo, autore con due complici del massacro del Circeo e che dopo tanti anni trascorsi in carcere, uscì e uccise di nuovo. Non c’è mai stata in lui nessuna evoluzione, nessuna riflessione su ciò che aveva fatto. Di lui, Donatella Colasanti, vittima nel caso del Circeo, disse: «Io l’ho visto mentre agiva, ho visto il suo sguardo. È cattivo, lo farà di nuovo», Ed è successo.


Quali sono le principali differenze tra lo scrivere per un podcast e scrivere per un libro?

Il podcast consente l’utilizzo della musica, delle pause, questo aiuta il racconto. Nel libro le pause le devi far sentire, le devi far immaginare. Non c’è una musica a dare il ritmo, lo devi dare tu con la scrittura e non puoi enfatizzare o meno le parole, devi scriverle in quel preciso punto in modo che quasi si evidenzino da sole.

Perché i podcast di true crime piacciono così tanto alla gente? Quale bisogno soddisfano secondo te?

È una domanda difficile. Il true crime attira perché attira tutto ciò che non capiamo, che ci appare lontano, quasi impossibile. Allo stesso tempo scoprire che invece quel fatto di cronaca è vicino a noi, nella nostra città, nel nostro Paese, nella nostra comunità ci induce a tentare di comprendere, contestualizzare, forse anche per poter isolare quel fatto, per poterci dire: «È successo, ma è successo per questo motivo…è comunque distante anni luce dal mio modo di vivere, di essere».

C’è un caso specifico di cronaca nera di cui ti piacerebbe occuparti in un libro o in un futuro podcast?

Sì, vorrei riuscire in qualche modo ad affrontare con le mie modalità il caso del cosiddetto Mostro di Firenze ben sapendo che prima di me lo hanno fatto, e bene, molti altri.

Il Mostro

Se ti abbiamo incuriosito, ascolta subito l’audiolibro Il volto del male e scopri tante altre inquietanti e misteriose vicende di cronaca nera nella sezione Audible dedicata ai crimini reali.


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