Ai bambini di Lampedusa si racconta che quando una persona muore si trasforma in una stella. Così, ogni volta che sentono la sua mancanza, possono alzare lo sguardo verso il cielo e salutarla. Ma a Pietro Bartolo, medico che da trent’anni attende, accoglie e cura i migranti che arrivano sull’isola, questa storia non piace. Invece che pensare al cielo come un cimitero immaginario, preferisce credere che le stelle di Lampedusa siano lì per proteggere le migliaia di bambine che ogni giorno si ritrovano ad affrontare viaggi disperati, a sopportare paure e dolore pur di raggiungere i loro cari e vivere felici da qualche parte, in un paese senza guerre e persecuzioni.
Come Anila, la bimba nigeriana che il dottore ha visto per la prima volta in una fredda notte di dicembre 2016, rannicchiata da sola in una nave stipata di profughi disperati. Dai suoi occhi ha capito subito che qualcosa non andava; di solito, i bambini viaggiano con i genitori o con persone alle quali sono stati affidati. Ma lei no, fa di tutto per non farsi notare, non si fida di nessuno, nemmeno di Pietro, che cerca di chiederle in tutte le lingue qualcosa che lo aiuti a capire che succede. Sarà solo qualche ora dopo, nella tranquillità dell’ambulatorio del medico, quando i due si presenteranno; “Anila”, “Pietro”, un banale scambio di nomi che in quel contesto diventa una comunicazione carica di significato, una promessa di fiducia reciproca. Ma come fare per aiutarla? La bambina ha subito abusi, è spaventata, non sa dove si trova e non ha nulla che possa far pensare a qualcuno che la aspetti in Europa, quell’entità generica di cui lei parla e che non sa essere un intero continente. C’è solo un numero di telefono, che però non esiste, almeno fino al cinquantesimo tentativo fatto dal dottor Bartolo, che non si arrende e prova tutte le combinazioni di numeri possibili per riuscire, finalmente, ad avere una risposta all’altro capo.
E’ così che inizia la storia del ricongiungimento tra Anila e sua madre Carla, una storia cominciata 11 anni prima in Nigeria e passata attraverso abbandoni, viaggi nel deserto, prigionia in Libia, un naufragio e infine l’arrivo a Lampedusa. Una storia a lieto fine, nonostante alla sofferenza fisica della bambina si aggiunga quella burocratica della riunione difficilissima tra mamma e figlia. Questa volta, Pietro Bartolo è riuscito a mantenere la promessa fatta ad Anila, ma con i sogni infranti dei migranti si è scontrato così tante volte da non poter più fare spazio nella sua testa per tanta sofferenza.
Nato a Lampedusa, pescatore e medico, il dottor Bartolo da trent’anni sta sulla banchina ad aspettare i disperati, i migranti che arrivano ad ogni ora del giorno e della notte stremati e infreddoliti dopo aver affrontato guerra, fame, prigione, mare. Donne, uomini, bambini a cui vorrebbe solo dire “non ti preoccupare, l’incubo è finito, ce l’hai fatta”. Ma non lo può fare, perché sa che sarebbe una bugia.
In Oltre il mare, podcast in quattro episodi realizzato da ActionAid e disponibile su Audible gratis per tutti, Pietro Bartolo ha deciso di raccontare le vite di queste persone che arrivano da lontano cariche di paure, sogni, incertezze; persone diverse da noi certo ma, prima di tutto, persone. Non corpi inerti, non titoli di telegiornale, non problemi da respingere o “antibiotici che a forza di assumerli non funzionano più”. Raccontare le loro esperienze è doveroso per risvegliare le coscienze assuefatte e far capire a tutti cosa accade prima e dopo il salvataggio, come funziona il sistema di accoglienza in Italia e come le sue distorsioni portino purtroppo troppo spesso alla negazione dei diritti fondamentali dei migranti.
Pietro Bartolo è riuscito ad affrontare il sentimento di impotenza verso la tragedia dell’immigrazione accogliendo e curando, tu puoi farlo informandoti e conoscendo le storie di chi arriva dall’altro lato del Mediterraneo.
Cosa fa ActionAid
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