Reggio Emilia: Storia, Arte e Cultura

Di: Comune di Reggio Emilia
  • Riassunto

  • Parti alla scoperta dei luoghi più affascinanti e nascosti di questa incantevole città emiliana! Questo podcast ti farà sentire parte della storia, esplorando i segreti e le meraviglie che solo i veri conoscitori della città possono svelare. Ascolta, apri gli occhi e lasciati trasportare in un viaggio nell’arte e nella cultura. Immagina di camminare tra le navate del Duomo, ascoltando l’eco delle preghiere di secoli passati, o di contemplare il magnifico quadro del Guercino nella Basilica della Madonna della Ghiara, sentendo il peso della storia su ogni pennellata. Queste storie ti accompagneranno attraverso le strade lastricate, i palazzi storici e le chiese mozzafiato di Reggio Emilia, svelando storie e curiosità in un mix di storia, arte e cultura. Un viaggio nel tempo e nello spazio, creato per te, che tu sia residente desideroso di riscoprire la storia della tua città o un visitatore curioso. - Scarica l'app Loquis per iOS e Android.
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  • Curiosa Meravigliosa
    Sep 18 2024
    Joan Fontcuberta nacque a Barcellona nel freddo febbraio del 1955, avvolto fin da giovane nelle maglie strette del regime franchista. Crescendo, imparò presto a muoversi in un mondo dominato da propaganda, repressione, censura e controllo dell’informazione. Ma mentre attorno a lui si respirava oppressione, dentro di lui germogliava un interesse vivace per la fotografia, un mezzo che decise di stravolgere, usando l’obiettivo per giocare con i confini tra realtà e finzione. Nel 1980, un giovane e curioso Fontcuberta sbarcò a Reggio Emilia e si imbatté nella straordinaria Collezione Naturalistica Spallanzani, custodita nel Palazzo dei Musei. Quella visita casuale si rivelò un punto di svolta, portandolo a tornare più volte nella città emiliana. La sua presenza si fece notare in numerose edizioni del Festival Fotografia Europea, spesso con opere ispirate proprio dal museo. Per la quarta edizione del Festival, nel 2009, Joan Fontcuberta presentò una serie innovativa chiamata “Googlegrammi”. Per crearla, l’artista utilizzò delle foto iconiche della contemporaneità, ricreandole come mosaici fotografici composti da circa 9000 immagini pescate su Google. Usando un elenco di parole chiave, Fontcuberta e i suoi collaboratori ricomposero le immagini secondo criteri cromatici, come se fossero tanti pixel, grazie a un software specifico (MacOsaix) sviluppato dallo stesso artista. Uno degli esempi più noti di Googlegrammi è uno scatto che ritrae un’azione di Greenpeace per salvare i delfini in acque contaminate, composto da foto legate alle multinazionali chimiche accusate di aver inquinato gli oceani. Quest’opera è ora esposta nell’atrio del Palazzo dei Musei. La stessa tecnica innovativa fu usata per l'opera "Curiosa Meravigliosa", un imponente foto-mosaico composto da oltre 10.000 fotografie inviate dai cittadini e mescolate a immagini delle collezioni del museo. La vera differenza rispetto ai Googlegrammi risiede nella partecipazione del pubblico, invitato a collaborare alla creazione di un pezzo d’arte pubblica che celebra la meraviglia e la curiosità. Il risultato è un grande album di ricordi all'aperto, dove la curiosità di ritrovare le proprie foto si fonde con lo stupore di scoprire l’opera finale, un moderno puzzle che forma una figura nuova e sorprendente. L'opera rappresenta un pavone, la cui figura elegante si adatta perfettamente alla facciata esterna del museo. Questo pavone, già parte della collezione naturalistica del museo, simboleggia una sorta di fenice che rinasce dalle ceneri, un simbolo di rinascita che ha ispirato molti reggiani a partecipare al progetto durante il difficile periodo pandemico. Monumentale per il suo impatto architettonico e l’innovatività artistica, "Curiosa Meravigliosa" è composta da 30 lastre di gres porcellanato foto-impresse, ognuna delle dimensioni di 120x240cm, che si integrano con l'architettura esistente e completano il progetto di riqualificazione del museo. La creazione e l’installazione dell’opera, alta ben sedici metri, sulla facciata del Palazzo dei Musei sono frutto della sinergia tra il Comune di Reggio Emilia e l’azienda Marazzi, leader mondiale nel settore ceramico. La divisione specializzata Marazzi Engineering ha seguito la produzione delle ceramiche e ha ospitato Fontcuberta durante le fasi di produzione e stampa digitale.
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  • RCF Arena Campovolo - La musica prende il volo
    Sep 18 2024
    In un angolo storico di Reggio Emilia, tra le tracce di un passato bellico e l’eco di antiche officine, sorge oggi la più grande arena spettacoli d’Europa: la RCF Arena /Campovolo, capace di accogliere fino a 100.000 persone. Tutto ebbe inizio nel 1916, in piena Prima Guerra Mondiale, quando l'Aeroporto di Reggio Emilia nacque come campo di collaudo per gli aerei militari. Negli anni '30, il destino dell’aeroporto si intrecciò con quello delle Officine Meccaniche Reggiane, incaricate di progettare e costruire velivoli. Il "campovolo" non era altro che il campo di prova per questi aerei. La fine della guerra portò distruzione: bombardamenti alleati ridussero in macerie sia il campovolo che le Reggiane. Con la pace, la divisione aeronautica delle Reggiane chiuse i battenti. Tuttavia, nel 1946, l'Aeroclub di Reggio Emilia venne fondato, e iniziarono i lavori di bonifica bellica del sito aeroportuale. L’aeroporto rinato fu destinato ad attività diportistiche. Il 21 ottobre 1969, su impulso degli enti locali, venne costituita la società aeroporto. Per i successivi 25 anni, l'aeroporto visse un periodo di attività minori, lottando per sopravvivere a causa degli alti costi di gestione e delle scarse entrate. Fu in questi anni che Campovolo acquisì un nuovo significato. A Reggio Emilia, Campovolo divenne sinonimo di grandi raduni. Il 18 settembre 1983, una folla oceanica di oltre un milione di persone si riunì per ascoltare Enrico Berlinguer. Già due anni prima, il Partito Comunista aveva scelto l'area per ospitare la Festa dell'Unità, coinvolgendo numerosi volontari. Da quel momento, Campovolo divenne teatro di eventi e concerti memorabili. Negli anni '80, artisti come Vasco Rossi, The Clash, Zucchero e Lucio Dalla calcarono il palco di Campovolo. Con il festival Monsters of Rock, arrivarono anche leggende come Iron Maiden e Black Sabbath. Molti concerti si svolsero nell'area adiacente alla pista di atterraggio, ma ci furono eventi così grandi da occupare l'intera pista. Nel 1997, Reggio Emilia accolse gli U2 in un evento mondiale con 146.000 spettatori paganti. Un record superato solo nel 2005 da un artista locale, Luciano Ligabue, che richiamò 165.000 persone. Ligabue tornò a Campovolo nel 2011 e nel 2015, e nel 2012 organizzò un concerto benefico per i terremotati dell’Emilia, coinvolgendo 12 artisti, tra cui Zucchero. Nonostante i tentativi degli anni '90 di rilanciare l’aeroporto come scalo commerciale, l'infrastruttura non decollò. Così nacque l’idea di dedicare l'area ai grandi eventi. Nel 2016, il progetto di un' arena spettacoli prese vita, integrando le due anime del luogo: l'aeroporto e gli eventi. Campovolo è oggi RCF Arena, una struttura permanente progettata per garantire massima visibilità, sicurezza e acustica. Il progetto include due aree distinte: il boulevard d’ingresso, destinato a eventi minori e attività espositive, che accompagna i visitatori fino all’arena, e l’Arena spettacoli, il cuore del progetto. Una collina verde con una pendenza del 5% ospita cinque settori, con il palco posizionato al livello più basso per un’ottimale visuale. Oggi, con la RCF Arena ,Reggio Emilia è diventata un punto di riferimento per il turismo musicale, incarnando la capitale della Music Valley emiliana.
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  • Museo di Storia della psichiatria
    Sep 18 2024
    C'era una volta lungo la storica via Emilia, nell'area dell'ex Ospedale psichiatrico San Lazzaro, un edificio che racchiudeva storie di sofferenza, ricerca e controversie. Questo luogo, ora parte di un vivace campus universitario, è il Padiglione Lombroso. Costruito nel 1891 come reparto per malati cronici tranquilli, venne inizialmente dedicato ad Antonio Galloni, il primo direttore dell'ospedale. Nel 1910, il padiglione subì una trasformazione significativa. Diventò un rifugio per “pazzi criminali dimessi” e “detenuti alienati”, e venne ribattezzato in onore di Cesare Lombroso, un controverso pioniere dell'antropologia criminale. Tra le sue mura, dal 2 marzo 1945 al 6 dicembre 1948, trovò rifugio anche il pittore Antonio Ligabue, la cui presenza aggiunse un ulteriore strato di storia a questo luogo già ricco di memorie. Col passare degli anni, a partire dal 1972, il Padiglione Lombroso venne progressivamente abbandonato. Tuttavia, nel 2012, grazie a un attento progetto di restauro, riaprì le sue porte al pubblico, trasformandosi in un museo capace di evocare l'atmosfera unica e complessa che lo aveva pervaso nei decenni precedenti. I lavori di restauro conservarono con cura i graffiti eseguiti dai pazienti, testimonianze silenziose di vite vissute ai margini. Oggi, l'edificio non è solo un museo, ma un vero e proprio contenitore di storie, dove ogni muro racconta frammenti di un passato intriso di sofferenza e speranza. Al piano terra, le celle espongono strumenti scientifici, di contenzione e di terapia, che rivelano le pratiche quotidiane basate su teorie che vedevano i pazienti come “malati pericolosi per la comunità”. Tra gli oggetti in mostra, si possono vedere camicie di forza, macchine per l'elettroshock, i famigerati “caschi del silenzio” e un dispositivo per il “bagno di luce”, progettato con l’intento di produrre un effetto analgesico sui pazienti. Nei tre grandi saloni che precedono le celle, una narrazione dettagliata illustra la storia del San Lazzaro e il suo ruolo cruciale nella storia della psichiatria. Per molti anni, questo istituto reggiano fu uno dei presidi più importanti d'Italia, intrecciando la sua storia con quella della medicina mentale. Oggi, visitare il Padiglione Lombroso è come fare un viaggio nel tempo, esplorando le complesse dinamiche di un'epoca in cui la psichiatria era ancora in fase di definizione. Ogni angolo del museo racconta storie di persone, teorie e pratiche che, nel bene e nel male, hanno plasmato il trattamento dei disturbi mentali.
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